Società · Vita di ogni giorno

Il mondo del 3G

viesasis-transportas-70561400

E’ attraverso i finestrini del 3G che ho visto Vilnius per la prima volta.
Me lo ricordo bene quel giorno.
Pensavo: ‘Cavolo, non capisco proprio nulla di questa lingua’.
Autunno. Freddo, grigio, piovoso, piatto. Tutto appannato.
Poi, all’improvviso, si è aperto un pezzo di cielo e dalla discesa di Švitrigailos gatvė in prossimità di Gedimino prospektas ho ammirato, per la prima volta, dall’alto, lo skyline della città. E’ un’immagine a cui sono tuttora molto affezionato.

Il 3G è l’autobus che ho preso più spesso in Lituania.
Collega infatti l’aeroporto della Capitale con piazza Lukiškių (Lukiškių aikštė), vicino alla quale abitavo.

Il 3G è una soluzione molto conveniente e comoda per arrivare in centro: è una normale linea urbana, ha molte corse tutto il giorno e, per salirvi, è sufficiente il biglietto ordinario.

Lungo il suo percorso, il 3G incontra varie anime del panorama urbano di Vilnius: il fiume, il centro storico, i palazzoni residenziali popolari di era sovietica, i mercatini tradizionali, i grandi supermercati costruiti di recente, il verde incolto e gli edifici abbandonati della periferia, le case di legno e quelle di cemento armato.

Anche le persone che lo utilizzano rappresentano uno spaccato molto eterogeneo: turisti e gente del business con trolley e valigie, studenti di varie età con lo zainetto, casalinghe e anziani con bastone e borse della spesa, lavoratori e lavoratrici.
Ci sono spesso anche persone con problemi di tossicodipendenza, visto che – così mi hanno raccontato – in zona aeroporto, oltre all’Ikea, c’è anche uno dei principali mercati dello spaccio.

Solitamente c’è silenzio a bordo, ché i lituani non amano molto esporsi in pubblico.
Ho notato che anche le chiamate al cellulare sono molto meno frequenti rispetto che a Bologna.
C’è chi spinge, questo sì: esperte di quest’arte, che richiede di raggiungere l’ambito traguardo senza mai incrociare lo sguardo, sono soprattutto le donne anziane.

Il biglietto è acquistabile dall’autista.
Che capisce l’inglese ma, tipicamente, non dice una parola.
Il biglietto comprato a bordo consiste in un pezzetto di carta stampata, che va punzonato in apposite macchinette color rosso. Il numero, l’ordine e la forma delle punzonature definiscono – misteriosamente – il giorno, l’ora e il bus (non è chiaro se pure la direzione di marcia).

Chi viene scovato senza biglietto viene accompagnato e fatto scendere alla prossima fermata, dov’è parcheggiato una specie di furgoncino.
Vi si entra per le procedure del caso – tutto in modo ovattato, serenamente, colpevolmente, in piena solitudine.
Si racconta che l’interno del furgoncino assomigli all’interno di un camper, ma con molta più moquette. C’è un ufficio intero, con un tavolo, anche se in miniatura. Qualcuno giura di aver notato anche una macchina da scrivere. Un salto indietro di 40 anni, a tempi dell’URSS. Avrei voluto vederlo di persona, ma ahimè non ne ho mai avuto l’occasione.

Lascia un commento